La Chiesa di Santa Maria dell'Umiltà era uno dei più belli ed antichi monumenti di Parabita: documenti testimoniano che sin dal 1405 vi officiavano i Padri Domenicani, ospiti dell'adiacente convento. Essa si trova vicina al luogo ove, prima dell'abbattimento delle vecchie mura, si trovava la porta di Gallipoli, posto che i parabitani ancora oggi indicano con la frase "ssutt 'a porta". Purtroppo incappò nelle leggi eversive del XIX secolo e fu espropriata dallo Stato.
Nel 1927 l'antica Chiesa fu venduta dal Comune alla Parrocchia San Giovanni Battista e, contestualmente, fu dichiarata Monumento Nazionale e, come tale, sarebbe dovuta essere preservata e restaurata degnamente.Invece, sin dalla metà del XX secolo non si celebrò più il rito religioso e, dopo essersi salvata per circa 600 anni dall'ignoranza dell'uomo, nel 1957 subì uno scempio in seguito ad uno scellerato intervento di "adattamento" che la sfregiò per sempre. La sua struttura a navata unica fu fratturata in due da un solaio, allo scopo di ricavare stanze per attività ricreative al piano terra e sala cinematografica parrocchiale al piano superiore. Inevitabilmente gli altari furono tranciati di netto, fra questi spiccava quello dei Castriota, con l'affresco purtroppo perso della "Presentazione di Maria a Simeone " del XVI sec.
Gli altari in tutto erano dieci, vi era un Fonte Battesimale in pietra leccese ed un pulpito in legno. Il tetto era costituito da una pregevole struttura a cassettoni in legno di rovere, poi sostituita da una moderna copertura piana. Per fortuna qualcosa è rimasto: sulla facciata vi è un rosone con sculture raffiguranti, al centro, nella parte alta, la Crocefissione, ai lati l'Annunciazione, con l'Angelo a destra e Maria a sinistra in atto di umiltà; negli spazi intermedi vi sono otto testine di Angeli. Inoltre, accedendo al solaio costruito successivamente, si può ammirare parte di un affresco (probabilmente cinquecentesco) raffigurante un Santo Domenicano con putti e altre varie figure.Allo scempio, anche se minore, non si è sottratto nemmeno l'attiguo ex convento dei Domenicani.
Il Chiostro, al cui centro un tempo vi era l'immancabile pozzo ora sparito, è stato mutilato nelle sue zone sud ed ovest da ambienti aggiunti in seguito. Il vecchio pavimento è stato completamente distrutto e sostituito da mattonelle in cemento, il classico pugno in un occhio. Due rampe di scale voltate a botte conducono al piano superiore nel quale un corridoio, anch'esso con volta a botte ma lunettata, disimpegna le stanze un tempo dormitorio dei frati. Purtroppo le nostre pietre da costruzione, il cui padre comune è il carbonato di calcio, sono facilmente aggredibili dagli agenti atmosferici se non sono adeguatamente protette. Per questo la struttura presenta tutti i segni evidenti del tempo in forma di lesioni e di erosione della pietra.
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