SAN VINCENZO MARTIRE



Nella nostra chiesa parrocchiale è custodito il corpo di San Vincenzo martire, che fu donato da fra Tommaso Cervioni, dell'ordine eremitico di Sant'Agostino, a Giuseppe Ferrari, duca di Parabita. Il corpo santo fu traslato dal cimitero romano di Commodilla nel castello di Parabita.

Il 30 dicembre 1851 la duchessa Lucia la Greca ne fece dono alla chiesa parrocchiale e il 2 settembre 1855 fu trasportato nella chiesa parrocchiale.

Non abbiamo notizie circa la vita e le opere del santo. Sappiamo solo che il santo è morto martire durante le prime persecuzioni contro i cristiani.

Molto probabilmente era un soldato della Legione Tebea, distaccamento composto da fanti e cavalieri reclutati nell'Alta Tebaide (Alto Egitto), sotto l'imperatore Massimiano.

Erano in 10.000 ed erano accampati ad Agamo, in Francia, quando furono martirizzati. Massimiano aveva dato ordine di concentrarsi ad Octodurum, per la celebrazione dei solenni sacrifici alle false divinità pagane, per ottenere un felice successo nella battaglia.

I Tebani, veri ed autentici soldati di Cristo, rifiutarono la loro adesione e rimasero ad Agamo. Massimiano comandò che fossero tutti passati a fil di spada. Non appena essi videro le schiere destinate all'esecuzione della sentenza, con a capo i loro ufficiali Maurizio, Exuperio e Candido, deposero le armi ed offrirono il nudo petto alle spade. Poco dopo il piano era coperto dalle salme insaguinate dei martiri. Tra di loro, vi era il nostro Santo.

Il suo corpo, rivestito degli abiti da guerriero, ha il volto annerito ed è rivestito dei panni serici, di rosso colore, con in mano la palma, simbolo del martirio. La testa è coronata da fiori. Il corpo è racchiuso in un'artistica urna dorata. Una vitrea ampolla è davanti al suo corpo, recante il titolo: Vas sanguinis.

Mons. Carafa, il 21 luglio 1741 concesse la facoltà di esporre la reliquia alla pubblica venerazione, con Messa propria.

Mons. Luigi Vetta, il 2 settembre 1855, diede facoltà di celebrare la Messa solenne ut communis unius martiris.

Mons. Mautone, infine, concesse di celebrarla l'ultima domenica di gennaio, ottenendo dalla Santa Sede l'indulgenza plenaria ad septennium a chiunque si fosse confessato e comunicato in quel giorno.

Una piccola curiosità: mons. Nicola Giannattasio era in procinto di designarlo Protettore Principale della città di Parabita, ma la devozione verso la Vergine della Coltura prevalse nel cuore dei parabitani.

(L'Angelo, Periodico mensile cattolico, marzo 1936, anno V, nr. 3)

GRAZIE OTTENUTE

PER INTERCESSIONE DI SAN VINCENZO


La signora Coltura Morra da Specchia dei Preti, così scriveva: "Essendo io sofferente e non avendo il coraggio di sottopormi ad un'operazione difficile e rimandando di giorno in giorno, una notte del settembre 1933 ebbi in visione questo grande Santo nell'atto di muovere il braccio dicendo: "Va ad operarti e ritornerai sana a casa tua". Preso coraggio da questa visione, mi recai a farmi operare. Tutto procedette bene e il 28 gennaio 1934 io ritornavo a casa guarita: proprio il giorno della sua festa".


La signora Valletta da Lecce, mentre pochi minuti mancavano per essere trasportata nella sala operatoria della Clinica di Bari, riceve dalla sorella Ester, insegnante a Parabita, una lettera con un'immagine del Santo. Bacia l'immagine del Santo, chiede con fede la grazia e dopo pochi minuti si alza dalla barella dov'era adagiata, senza bisogno d'atto operatorio.


La famiglia Vantaggiato da Collepasso aveva consultato parecchi medici per la guarigione del bambino. Tutto inutile. Il Santo appare alla madre del bambino e il 26 gennaio 1936 il bambino ne ottiene la guarigione, mentre tutta la famiglia grata, viene all'altare del Santo per manifestare la propria gratitudine.

PREGHIERA A SAN VINCENZO

Prostrati avanti al Vostro sacro corpo, Vi supplichiamo con tutto il cuore, o san Vincenzo, che da quel trono d'immensa luce, ove godete il Sommo Bene nel Regno Eterno, vogliate riguardare sempre propizio questo paese.

Di giorno e di notte vegliate su di noi: vedete i nostri bisogni, ascoltate le nostre preghiere, esaudite i nostri voti.

Ci sia il vostro venerato Corpo, asilo sicuro nei nostri travagli, forte difesa contro i fulmini della divina giustizia, muro inespugnabile contro i nostri nemici visibili ed invisibili.

Ci sia fornace di celesti fiamme, ove si accenda e si purifichi il nostro spirito.

Così sia.

INNO A SAN VINCENZO

1. Donde vieni e a qual termini t'avvii,

  perchè fuggi, o guerrier, sì veloce?

  Ah! T'intendo, è del ciel la voce,

  che ti chiama al celeste destin.


   Rit. Oh, Vincenzo, Parabita tutta

   Ti saluta e t'invoca di cuore.

   Tu proteggila con sguardo d'amore,

   dalla pace e conducila a Te.


2.  Qual destriero che bellice squillo

  corre e vola fra i rischi del campo,

  tal Tu corri più ratto di lampo,

  al soccorso del gregge divin.


3. Che se il ferro d'un empio omicida,

  Te qual agno evangelico immola,

  più fulgente in Te fassi la stola

  che T'associa agli eroi dell'Empir.


4. Tutto puoi da quel Trono di gloria

  ove eterno si canta l'osanna,

  Deh, chi trema qual fragile canna

  Tu ti degna qual rupe assodar.


5.  Perchè fido a quei santi dettami,

  che il Tuo Cuor generoso rinserra,

  vinca in terra la mistica guerra

  cui è premio in eterno regnar.